Tanto tempo fa (informaticamente parlando) la città di Monaco di Baviera aveva annunciato di voler passare a Linux su tutti i desktop e server della sua amministrazione: era il lontano 2003…
Molti siti ne avevano dato notizia con entusiasmo all’epoca, per poi tornare dopo un po’ sull’argomento visto che pareva non essersene fatto nulla portando la cosa come una sconfitta per l’opensource, con gioia da parte dei detrattori più acerrimi o con molta amarezza da parte dei sostenitori.
In realtà il progetto è continuato (e continua tuttora) infatti a fine del 2009 era già avvenuto il passaggio di 3000 dei 14000 desktop presenti
Ma perchè tutto questo tempo per effettuare il passaggio?
Da un blog di uno dei responsabili del progetto si capisce il perchè. Sintetizzando la cosa il problema più che tecnico era di organizzazione. Il comune di Monaco di Baviera aveva all’avvio del progetto 21 unità informatiche indipendenti, ognuna con il suo capo e con la sua organizzazione, 51 datacenter, 1000 impiegati nel settore IT su 33000 impiegati totali e oltre 300 programmi diversi e spesso ridondanti da riorganizzare. Oltre a questo c’erano differenze di versioni di Windows (21 client diversi), nessun database degli utenti centralizzato, nessun archivio comune, strategie di sicurezza diverse. Chiunque abbia lavorato nell’ambiente informatico sa quanto possa essere difficile far convivere ambienti eterogenei, inoltre dover cambiare le abitudini degli utenti (e peggio ancora quelle dei capi) è sempre un impresa. Quindi trovarsi a dover fronteggiare questa babele non dev’essere stato semplice, oltretutto osteggiati a volte anche dall’interno. Nonostante tutto ci sono riusciti: nel 2007 un dipartimento era passato a Linux e nel 2008 è stato dato l’ordine di passare almeno il 10% di ogni altro dipartimento a macchine Linux. In 2 anni si è arrivati al 20%. Il progetto inoltre ha permesso di rendere interoperanti le strutture fra di loro e di standardizzare i client Linux in modo da semplificare la manutenzione. Come fa giustamente notare il blogger se avessero dato la libertà di passare alla distro voluta ogni dipartimento, magari ci sarebbe voluto meno tempo per arrivare a questo punto, ma si sarebbe persa la standardizzazione che in una infrastruttura complessa permette sicuramente di ridurre i costi. La strada scelta è stata, secondo me, quella corretta: meglio una migrazione lenta ma che poggi le basi su una solida infrastruttura comune e che permetta uno sviluppo futuro piuttosto che una fatta in fretta e furia ma che non permetta una crescita futura.
Peccato che da noi non ci sia una volontà di andare in quella direzione ma che anzi si continuino a fare accordi che stringono il cappio della non interoperabilità e degli standard proprietari…